Il Premio - 60 Anni di Impegno Letterario

Il Premio di Poesia LericiPea, nacque sessant’anni fa dall’amicizia fra lo scrittore versiliese Enrico Pea e l’editore sarzanese Marco Carpena. Erano tempi difficili, l’Italia ancora recava le cicatrici della guerra, il miracolo economico ancora lontano, ma la poesia non era morta nel cuore degli uomini.

Il Premio che Pea volle legare al nome di Lerici, dove spesso si recava, specie durante l’inverno, fu dedicato inizialmente alla poesia inedita. Non tutti i poeti premiati dal 1954 al 1996, anno in cui il Premio si interruppe prima di riprendere con una rinnovata proprietà, divennero poi famosi. Molti di essi sì. E’ il caso di Giorgio Caproni che vinse nel 1956 con la poesia “La piccola porta”, o di Maria Luisa Spaziani di cui fu premiata nel 1957 la poesia “Suite per A”.

Nel 1958 Enrico Pea morì lasciando un grande vuoto che l’editore Marco Carpena e Alberta Andreoli, intellettuale milanese amante della poesia, che da anni si era trasferita nella provincia spezzina, cercarono di colmare. Intanto la giuria si rinnovava e facevano veloci apparizioni Giorgio Caproni, Angelo Barile, Giuliano Gramigna, Eugenio Montale, Rafael Alberti, Carlo Bo, Libero Bigiaretti, Carlo Betocchi, Salvatore Quasimodo.

A vincere, di volta in volta, furono giovani poeti come Alberto Bevilacqua, o vecchi e stimati poeti, come Carlo Betocchi. Nel 1986, alla morte di Marco Carpena, il Premio LericiPea e la Casa Editrice furono portati avanti da Alberta Andreoli. Intanto in giuria erano entrati Giorgio Caproni, Roberto Pazzi, Maria Luisa Spaziani, Folco Portinari e Francesco De Nicola. I miei ricordi iniziano proprio da questi anni. Fu nel 1989 che iniziai a collaborare con Alberta Andreoli e ricordo con piacere le riunioni della giuria all’Hotel Shelley, con l’intelligente ed ironico Folco Portinari, il giovane ma già affermato Roberto Pazzi, Maria Luisa Spaziani, ormai famosissima e sempre raffinata nei suoi giudizi critici. Tra i premiati di allora ricordo Silvio Ramat, (1989), Paolo Bertolani (1990), Dario Bellezza, (1991), Valentino Zeichen (1992), Fernando Bandini (1993) Alessandro Parronchi (1994), Maria Luisa Spaziani (premiata per la seconda volta), Paolo Ruffilli (1996) e Giovanni Giudici .

Alberta Andreoli nel 1996 si ammalò e mi propose di rilevare il Premio, cosa che accettai insieme ad altri amici che volli coinvolgere in questo progetto. Fu così che nel 1997 nacque l’Associazione Lerici Pea e il Premio riprese nel 1998, con una nuova proprietà (Adriana Beverini Bausani, Maria Grazia Beverini Del Santo, Gianni Bolongaro, Mayda Cangini Bucchioni, Pier Gino Scardigli e Pia Spagiari Benifei) e una nuova giuria (Roberto Pazzi, Marco Ferrari, Annalisa Cima, Vanni Scheiwiller, Stefano Verdino.). Il poeta premiato nel 1998 fu il grande Mario Luzi.

Se ripenso ai quasi trent’anni passati all’interno del Premio di Poesia Lerici Pea, si affollano nella mia mente moltissime immagini, ma prima di tutto rivedo la tipografia Carpena a Sarzana dove entrai per la prima volta nel 1989 insieme ad Alberta Andreoli. Era lì infatti che ogni anno lei componeva il Libro del Lerici Pea, divenuto poi la nostra storica Antologia, dove venivano pubblicate le poesie vincitrici.

Passano gli anni, il tempo scorre; come alla moviola rivedo i tanti poeti che, dal 1998, abbiamo avuto l’onore di premiare: Adonis, Bonnefoy, Ferlinghetti, Svenbro, Heaney, Enzensberger, Cheng, Kadaré, Sanguineti, Evtushenko. In particolare durante i miei cinque anni di presidenza del Premio LericiPea, ho potuto approfondire la conoscenza dell’ italiano Mario Luzi, dell’argentino Juan Gelman, della russa Bella Achmadùlina, della brasiliana Marcia Theophilo e del greco Titos Patrikios. Tranne il primo, forsetroppo grande per essere in qualche modo definito, tutti gli altri potrei ascriverli alla categoria dei poeti “civili”; tutti con una forte passione che si rispecchia nella loro poesia.

Ma oltre alla loro Poesia, sono particolarmente gli “sguardi”, gli occhi di questi poeti che non dimentincherò mai. Gli occhi chiari, opalescenti di Luzi, erano quelli di un Omero contemporaneo, guardavano “oltre”. Quelli verde grigio di Gelman, erano di una tristezza profonda quanto può esserlo il dolore di un padre al quale è stato ucciso il figlio e rapita, appena nata, la nipote; quelli di Bella Achmadùlina, pur bellissimi, erano però spenti, privi ormai di quella luce che aveva illuminato negli anni cinquanta la via e la vita di tanti giovani ribelli al potere comunista. Gli occhi di Titos Patrikios, buoni e malinconici erano quelli di un Ulisse moderno, esule in nome di quella democrazia che la Grecia ha regalato al mondo occidentale. E, infine, gli occhi di Marcia Theophilo, brillanti di determinazione; si capiva che stava conducendo una sua personale e forse utopistica battaglia per la sopravvivenza della Foresta Amazzonica, e quindi di tutto il pianeta.

Questi e tutti gli altri poeti che ho avuto il privilegio di incontrare negli anni del Premio Lerici Pea, hanno contribuito ad accrescere la mia consapevolezza di essere umano.

ADRIANA BEVERINI BAUSANI