Premio LericiPea Golfo dei Poeti 2024

Giovedì 9 maggio –  ore 11.30
Conferenza Stampa Premio LericiPea Golfo dei Poeti 2024 – 70° edizione
Salone Internazionale del libro di Torino, Sala Avorio – Torino 

Venerdì 7 giugno –  ore 21.00
Premio LericiPea “Edito”
in collaborazione con il Festival Parole Spalancate
Palazzo Ducale, Sala del Minor Consiglio – Genova

Lunedì 24 giugno – ore 10.00
Posa della targa in onore di Giovanni Giudici in occasione del centenario della sua nascita in collaborazione con il Comune della Spezia
Piazza Saint Bon – La Spezia

Mercoledì 31 luglio – ore 21.30
Premio LericiPea “Paolo Bertolani” a Marcello Marciani
Il poeta a dialogo con Manuel Cohen
Piazza Santa Croce, La Serra – Lerici

Venerdì 9 e sabato 10 agosto
Terza edizione del “Festival Ariel LericiPea Giovani”
dedicato alla poesia degli Under 35 in interazione con le altre arti (musica – danza -teatro)
A cura di Giuseppe Conte e Davide Rondoni;
direzione artistica di Lucilla Del Santo
Rotonda Vassallo – Lerici

Venerdì 9  agosto – ore 18.00
Premio Shelley (sezione “Angloliguria”) a Julian Stannard.
Il poeta a dialogo con Massimo Bacigalupo.
Con il contributo musicale dei Trioatrè
Circolo della Vela Erix – Lerici

Giovedì 12 settembre
“Lord Byron nel Golfo dei Poeti”
ore 18.00
– in introduzione: saluti di Leonardo Paoletti, Sindaco di Lerici e del curatore, arch. Lucilla del Santo.
A seguire: Massimo Bacigalupo e Vincenzo Patanè sul “mito” di Lord Byron
ore 18.30 – inaugurazione della Mostra
Castello San Giorgio – Lerici 

Domenica 22 settembre – ore 17.00
Premio LericiPea “alla Carriera” a Roberto Mussapi.
Il poeta a dialogo con Giuseppe Conte e Francesco Napoli.
In introduzione:  l’attore Mario Perrotta legge Byron.
A seguire il Maestro Roberto Cacciapaglia eseguirà alcuni dei brani più significativi della sua carriera
Villa Marigola, San Terenzo – Lerici

Giovedì 19 dicembre – ore 11.00
Premio LericiPea “Liguri nel Mondo” a Tomaso Poggio
Sala Liguri nel Mondo, Regione Liguria – Genova

Premio LericiPea Golfo dei Poeti 2024 - I Premiati

Premio LericiPea "Edito" 2024 a Stefano Dal Bianco

“Solo et pensoso i più deserti campi/ vo mesurando a passi tardi et lenti,/ et gli occhi porto per fuggire intenti/ ove vestigio human l’arena stampi” è la prima quartina di uno dei sonetti più noti del Canzoniere di Francesco Petrarca. E a questa “mesura” sembra aderire, giunto alla pienezza del suo poiein, Stefano Dal Bianco (classe 1961) nel recente volume Paradiso (2024). Lui, petrarchista per studi e per convinzioni di poetica, ha sempre avuto certezza nella “durata” della poesia, componendo le sue opere a “passi tardi e lenti”, con accuratissima sensibilità, dall’esordio a oggi: La bella mano e Le stanze del gusto cattivo, 1991, Ritorno a Plavanal, 2001, e Prove di libertà, 2012, le sue prove precedenti; Paradiso, si mostra come un canzoniere molto originale, dove a fianco del poeta non c’è l’amata ma Tito, un cagnetto dotato di forte personalità. Di lui, Tito, non si celebra la fedeltà, l’attaccamento al padrone, l’intelligenza, la sensibilità; la sua “psicologia” viene esaminata senza sdolcinature, con meraviglia, a volte con un certo distacco, spesso anche crudamente. 

I testi di Paradiso sono quasi tutti epigrammatici, per misura e per tono, brevi e quella originale andatura sintattica, fondata su un unico periodo, avvolge sinuosamente il lettore: “Ora Tito ha scavato una buca/ che ci sta dentro con tutta la testa/ ed è fissato e non si sposta/ e grufola mastica annusa perché è chiaro/ anche nella buca c’è qualcosa/ di sommamente interessante per un cane, ma più scava/ più questo odore o questa leccornìa/ si fa gioco di lui come di tutti quelli/ che la terra di sé rende accaniti.”

Ma non è un lavoro tecnicistico, pensato a freddo, un esercizio formale originato da un pretesto arbitrario. L’autenticità è lampante, persuasiva: la coppia cane-padrone – nella sua leggerezza e potenziale convenzionalità – rimane memorabile, e vivissima, nella mente di chi legge, cosa sempre auspicata per un libro di poesia. 

Non è dunque qui “solo”, Stefano Dal Bianco, casomai “pensoso”, ma i “campi” attraversati non sono affatto “deserti”: infatti, altra anima di quest’opera, accanto all’io lirico e a Tito, è la natura, il paesaggio delle colline senesi, attraversato in ogni sua stagione. E nella descrizione dell’ambiente naturale (pure tanto suggestivo) Dal Bianco mantiene un tono asciutto, distaccato, sotto il quale la commozione si nasconde pudicamente, lasciano al suo lettore la pienezza di una parola poetica intensa quanto affabile.

La Giuria tecnica, la Proprietà e la Giuria dei Lettori è pertanto particolarmente lieta di proclamare Stefano Dal Bianco, Paradiso opera vincitrice del Premio Lerici Pea Edito 2024.

Stefano Dal Bianco (Padova 1961) insegna Poetica e stilistica all’Università di Siena. Negli anni Ottanta, con Mario Benedetti e Fernando Marchiori, ha diretto la rivista di poesia contemporanea «Scarto minimo». Ha poi lavorato nella redazione di «Poesia». Attualmente è nella redazione della rivista «Stilistica e metrica italiana» e nel comitato direttivo del centro studi Franco Fortini di Siena.

Come studioso e critico militante si è occupato prevalentemente della metrica di Petrarca, Ariosto, Andrea Zanzotto, e di poesia del Novecento. Di Zanzotto ha curato il Meridiano Mondadori nel 1999 (con Gian Mario Villalta) e l’Oscar Tutte le poesie (2011). 

Libri di poesia: La bella mano (Crocetti 1991), Stanze del gusto cattivo (in Primo quaderno italiano, Guerini e associati 1991), Ritorno a Planaval (Mondadori 2001; LietoColle 20182), Prove di libertà (Mondadori 2012), Paradiso (Garzanti 2024). I suoi saggi di poetica sono raccolti in Distratti dal silenzio. Diario di poesia contemporanea, Quodlibet 2019.

Sue poesie sono tradotte in neerlandese, tedesco, francese, inglese, spagnolo, russo, serbo, sloveno, cinese.

Premio LericiPea "Paolo Bertolani" 2024 a Marcello Marciani

A Marcello Marciani, viene conferito il Premio ‘Lerici-Pea’, sezione ‘Paolo Bertolani per i dialetti’ 2024. Poeta in lingua e in dialetto, Marciani figura le voci più originali e mercuriali della poesia contemporanea. Nell’immediato dopoguerra (e chissà quanto deve aver segnato quell’eco straniante e spiazzante di dolore e di mina psichica qua e là riaffiorante nei suoi versi) l’autore nasce a Lanciano, in Abruzzo, piccola couche culturale del Novecento, tra editori storici di poesia: i Carabba, gli scrittori e gli artisti; sede di riviste e dell’omonimo Premio, uno tra i più prestigiosi per la poesia in dialetto a cavallo tra vecchio e nuovo millennio  (in giuria: Loi, Serrao e altri), premio in cui il giovane Marciani ricopriva l’incarico di segretario e grazie al quale iniziava a interagire con tutto un mondo letterario. Esordisce nel 1974, e a notarlo, nella sua visione sghemba e irriducibile, tra le prime, sarà Amelia Rosselli che tradurrà i suoi versi per la pubblicazione negli Stati Uniti. Sin dagli esordi appare chiara la particolare scrittura dell’autore che unisce una forte volontà di ricerca linguistica e formale, legata ai grandi movimenti delle Avanguardie storiche e a una consapevole cultura teatrale, ad una affilata indagine etnolinguistica che lo porterà a far collidere generi nuovi o desueti (la parodia, il sarcasmo, la scrittura paradossale) e ricerca di radici verbali autoctone e davvero remote nel suo dialetto lancianese. Una buona dosa di ironia, da cui le Rasoiate (Rasulanne), assieme a una forte carica iperrealista e tuttavia visionaria, avrà come risultati alcuni tra i capolavori in versi degli ultimi decenni. La miccia linguistica si esprimerà attraverso una serie di bisticci verbali, e di Rovistamenti (Revuçégne), di ‘fendenti fonici’, catene allitterative e un uso a volte divertito, a volte spregiudicato o eversivo dell’endecasillabo cantabile della tradizione: ecco allora le rime ritornanti e davvero spiazzanti, la commistione di linguaggio dell’oralità e della lingua aulica, distanziante, a volte raggelante della poesia colta: Dentr’a l’acque ne costituisce già una prima sintesi. Qui il sonetto canonico si fa struttura per una lallazione continua, scandita dalle ripetizioni, si pensi al ricorso all’anafora per Dentr’, che spinge il verso nei territori di una litania laica o preghiera atipica e imprevedibile. Esito straordinario della sua phonè, è, ad esempio, La ninnille,in campiture di versi in quartine di rima baciata e/o evertita, in cui a dominare il testo è la successione dei suoni tra ritorni sonori e continuità ritmico-prosodica. Un testo che rende merito della natura teatrale, della possibilità ulteriore che ha la poesia di comunicare con il mondo. E il mondo, nella poesia di Marciani, irrompe prepotentemente con i suoi stigmi, i suoi spaesamenti, i suoi terremoti geofisici e psicologici in un impeto di euforia linguistica, come in un canto sull’orlo del dirupo. Come la problematicità dell’essere umano, con tutti i suoi limiti, i tic, le patologie. Ecco allora che in una lingua bulimica, o traboccata, arevundate, dal suono insinuante, sóne falappóse, atta a cogliere la complessità dei viventi e delle cose, affiora lo spettro dell’anoressia: motivo-emblema di un disagio mentale e di una sofferenza fisica a ogni ordine e grado, a ogni latitudine. Una poesia che coniuga memoria di radici a un sentimento, tutto contemporaneo, della nostra, umanissima gettatezza. 

Manuel Cohen (19.07.2024)

Marcello Marciani, nato nel 1947 a Lanciano (Chieti), dove risiede, ha pubblicato: Silenzio e frenesia, Quaderni di “Rivista Abruzzese”, Lanciano 1974; L’aria al confino, Quaderni di Messapo, Siena-Roma 1983; Body movements, con traduzione inglese a fronte di Amelia Rosselli (Gradiva Publications, Stony Brook-New York 1988); Caccia alla lepre, (Mobydick, Faenza 1995); Per sensi e tempi, (Book, Castelmaggiore 2003); Nel mare della stanza, (LietoColle, Faloppio 2006); La corona dei mesi, (LietoColle Faloppio 2012); Rasulanne (Cofine, Roma 2012); Monologhi da specchio, (Robin, Torino 2017); Revuçegne (puntoacapo, Pasturana 2019); Sottovuoto – cinquantadue sonetti (Moretti & Vitali, Bergamo 2021). Suoi testi in dialetto abruzzese d’area frentana sono stati eseguiti negli spettacoli Mar’addó’ (1998-1999) e Rasulanne (2008/ 2012), dove ha partecipato anche come attore. Dal 1988 al 2008 è stato segretario-organizzatore del Premo Nazionale di Poesia in Dialetto “Lanciano-Mario Sansone”. È presente in riviste e antologie italiane e statunitensi.
Ha vinto premi letterari, fra cui: “Matacotta”, “Noventa”, “Penne”, “Ischitella-Pietro Giannone”, “Poesia Onesta”, “Gozzano”, “Salva la tua lingua locale”, “Cappello”.

Premio SHELLEY 2024 a Julian Stannard

Julian Stannard è un caso unico nella poesia inglese: un poeta che fa di una città italiana il tema portante della sua poesia. In Genova trova un mondo oscuro e misterioso, infinitamente suggestivo, fra male di vivere, assurdo, meraviglia, spasso. Nasce così una poesia fra le più originali e accattivanti, mentre Stannard rivisita idealmente la città che ha frequentato durante il suo apprendistato ed evoca luoghi ed episodi gustosi, scenette memorabili, stranezze ineludibili per un giovane anglosassone che si immerge nel magma della storia di un luogo marginale, e simbolico della condizione moderna. Anche il lettore italiano riscopre nella poesia di Stannard luoghi e momenti familiari attraverso un occhio straniero che li restituisce in tutta il loro spessore storico e personale, e compie in compagnia di questo stralunato poeta maledetto un viaggio inedito nella “Città degli angeli caduti” che egli ha fatto sua.

Julian Stannard è nato nel Kent nel 1962, ha insegnato a lungo all’Università di Genova ed è ora docente di Creative Writing all’Università di Winchester. Ha pubblicato studi di poeti britannici e sei raccolte poetiche segnalate da diverse premi: Rina’s War, The Red Zone, The Parrots of Villa Gruber Discover Lapiz Lazuli, What Were You Thinking?, Heat Wave, Please Don’t Bomb the Ghost of My Brother. Le sue poesie sono apparse su “Times Literary Supplement”, “Guardian”,  “Spectator”, “Poetry London”, “Poetry USA”, “Poesia”, “Xenia” e sono state antologizzate in Gran Bretagna e Italia. I suoi testi liguri sono raccolti in Sottoripa. Poesie geneovesi (testo a fronte, il Canneto, 2018). Gli allievi dell’Accademia Ligustica di Genova hanno tratto spunto dalle poesie di Sottoripa per una serie di incisioni. Il poeta e critico Christopher Reid ha scritto: “C’è un’aria di godibile malinconia in queste poesie di Stannard, un languido intreccio di sensazioni e associazioni, che le contrappone decisamente alla tendenza riservata e cupa dell’odierna produzione britannica e che mi attira amabilmente”.

Premio LericiPea "alla Carriera" 2024 a Roberto Mussapi

Se Wole Soyinka, premio Nobel per la letteratura nel 1986, parlando di sé afferma che “leggere Roberto Mussapi, per questo lettore e scrittore yoruba, è un’iniziazione a sorprendenti affinità”; e se il grande poeta francese Yves Bonnefoy, da parte sua, rileva “la propensione di Mussapi al pensiero alto, alle vaste visioni metaforiche”, una ragione ci deve pur essere. Una ragione che ha spinto due voci apparentemente così lontane, ma tra le più alte e profonde della poesia internazionale, a confrontarsi più volte con l’opera di Roberto Mussapi. Ebbene la ragione la indica lo stesso Soyinka quando ricorda che “il mondo poetico di Mussapi non è qualcosa di cui un singolo poeta possa osare appropriarsi (…) poiché quel mondo si presta a una partecipazione universale”.

L’intero percorso poetico di Roberto Mussapi, infatti, non appartiene solo alla poesia italiana ma molto più ampiamente alla Poesia tout-court. La sua formazione è solidamente ancorata alla tradizione italiana, certo, ma è anche ben ancorata alla poesia inglese (da Coleridge, a Byron a Eliot, per indicarne solo alcuni) e francese (Baudelaire in particolare) e si nutre di letture vastissime, tra antropologia e mitografia. E questo vien fuori sin dagli esordi con I dodici mesi (1979), passando attraverso la stagione dei grandi poemi in versi, da Gita meridiana (1990), come dire dall’epos classico dei grandi eroi omerici, filtrati anche attraverso Dante, Shakespeare e Foscolo, ad Antartide (2000), dove la storia, e il sogno, dell’Endurance, della conquista dell’ultimo continente inesplorato del Polo Sud si trasforma in nostos. E dove si riconosce un archetipo teatrale se i nomi e le voci per teatro – l’altra grande propensione espressiva di Mussapi – sono in grado di far apparire qualcosa dal nulla e di metterlo, con la potenza illuminante dei versi, nel vivo del presente.

Il Premio Lerici-Pea alla carriera per Roberto Mussapi, dunque, per volontà della Proprietà e della Giuria d’Eccellenza, ha voluto quest’anno sancire una delle esperienze poetiche più intense e marcate della poesia nostrana e, in linea con la sua filosofia, vuol sottolineare ed esaltare una voce prestigiosa che ha avuto ed ha echi anche oltre i confini territoriali italiani.

Roberto Mussapi, nato nel 1952, vive a Milano. Poeta e drammaturgo, è anche  autore di saggi, di traduzioni da autori classici e contemporanei e di opere narrative.
La sua opera poetica è stata raccolta nel volume Le poesie, prefazione di Wole Soyinka, saggio introduttivo di Yves Bonnefoy, (Ponte alle Grazie, 2014). 
Tra i volumi recenti di poesia, La piuma del Simorgh,  (Mondadori, 2016),  I nomi e le voci. Monologhi in versi, (Mondadori 2020,   Lirici greci, introduzione Giulio Guidorizzi (Ponte alle Grazie, 2021.
Tra le opere in prosa, Il sogno della Luna  (Ponte alle Grazie, 2019), Villon (teatro, La Collana, 2019), Magia (Vallecchi, 2022, La voce del mare (Marietti 1820, 2022). 
Molte le messe in scena del suo teatro, dal Villon a La Grotta azzurra ai Lirici greci di Mussapi interpretati da Laura Marinoni ai Bagni misteriosi,  Teatro Franco Parenti, nel luglio 2023.
In seguito ai suoi Lirici Greci, settant’anni dopo quelli di Quasimodo, e per le sue traduzioni da Properzio e Ovidio, è stato nominato membro della Fondazione Valla.
Questo  riconoscimento, a un poeta che spicca da sempre per le sue traduzioni da poeti e scrittori di lingua inglese e anche francese,  deriva anche dai volumi scritti Orfeo, Dioniso, Elena, nella collana Grandi miti greci, diretta da Giulio Guidorizzi, da anni nelle edicole con vari quotidiani e settimanali (dal Corriere della sera alla Repubblica).

Premio LericiPea "Liguri nel Mondo" 2024 a Tomaso Poggio

Tomaso A. Poggio è un fisico la cui ricerca è sempre stata focalizzata sull’interazione tra cervelli e computer.  Al momento il suo lavoro si sta focalizzando sulla matematica del “deep learning” e sulla neuroscienza computazionale della corteccia visiva.
È
Professor Eugene McDermott nel Dipartimento di Brain & Cognitive Sciences al MIT e co-direttore del Centro NSF “Brains, Minds and Machines” sempre al MIT. Tra gli altri riconoscimenti, ha ricevuto la Laurea Honoris Causa dall’Università di Pavia in occasione del Bicentenario dell’invenzione della pila nel 2000, il Swartz Prize per la Neuroscienza Teorica e Computazionale nel 2014 e il Premio Azriel Rosenfeld per il Contributo alla Vita dell’IEEE nel 2017. Ex Corporate Fellow della Thinking Machines Corporation, ex direttore di PHZ Capital Partners, Inc. e di Mobileye, ha contribuito a varie aziende ad alta tecnologia, tra cui Arris Pharmaceutical, nFX, Imagen, Digital Persona, Deep Mind, Orcam e Cosmos.

Roberto Mussapi, nato nel 1952, vive a Milano. Poeta e drammaturgo, è anche  autore di saggi, di traduzioni da autori classici e contemporanei e di opere narrative.
La sua opera poetica è stata raccolta nel volume Le poesie, prefazione di Wole Soyinka, saggio introduttivo di Yves Bonnefoy, (Ponte alle Grazie, 2014). 
Tra i volumi recenti di poesia, La piuma del Simorgh,  (Mondadori, 2016),  I nomi e le voci. Monologhi in versi, (Mondadori 2020,   Lirici greci, introduzione Giulio Guidorizzi (Ponte alle Grazie, 2021.
Tra le opere in prosa, Il sogno della Luna  (Ponte alle Grazie, 2019), Villon (teatro, La Collana, 2019), Magia (Vallecchi, 2022, La voce del mare (Marietti 1820, 2022). 
Molte le messe in scena del suo teatro, dal Villon a La Grotta azzurra ai Lirici greci di Mussapi interpretati da Laura Marinoni ai Bagni misteriosi,  Teatro Franco Parenti, nel luglio 2023.
In seguito ai suoi Lirici Greci, settant’anni dopo quelli di Quasimodo, e per le sue traduzioni da Properzio e Ovidio, è stato nominato membro della Fondazione Valla.
Questo  riconoscimento, a un poeta che spicca da sempre per le sue traduzioni da poeti e scrittori di lingua inglese e anche francese,  deriva anche dai volumi scritti Orfeo, Dioniso, Elena, nella collana Grandi miti greci, diretta da Giulio Guidorizzi, da anni nelle edicole con vari quotidiani e settimanali (dal Corriere della sera alla Repubblica).