Tahar Ben Jelloun

Tahar Ben Jelloun è uno scrittore e poeta marocchino, nato a Fès nel 1944 e attualmente residente a Parigi. Noto al grande pubblico soprattutto per la sua attività di romanziere, è di grande rilievo anche la sua Poesia. E’ poeta dell’esilio, della malinconia, della nostalgia, dell’ira contro il destino amaro, che costringe alla fuga, alla salvezza, all’emigrazione, e spesso alla clandestinità. Trascorre la sua adolescenza a Tangeri e compie gli studi di filosofia presso l’Università di Rabat, dove comincia a scrivere le sue prime poesie in francese, raccolte poi sotto il titolo di Hommes sous linceul de silence (1971). In patria, ha svolto per diversi anni il ruolo di docente di filosofia ma, a causa dell’arabizzazione dell’insegnamento (e non essendo egli abilitato alla pedagogia in lingua araba), si è trovato costretto nel 1971 a emigrare in Francia, a Parigi, dove tre anni dopo ha conseguito un dottorato in Psichiatria sociale, sulla confusione mentale degli immigrati ospedalizzati. Suoi articoli in Italia appaiono di frequente su «La Repubblica», «Il Corriere della sera», «Panorama» e «L’Espresso». Scrive inoltre stabilmente per «Le Monde».
Per il profondo messaggio del libro Il razzismo spiegato a mia figlia, gli è stato conferito dal segretario delle Nazioni Unite, Kofi Annan, il Global Tolerance Award. 
In Italia sono molto conosciuti i suoi libri: Creatura di sabbia (1987), L’amicizia (1994), Corrotto (1994), L’ultimo amore è sempre il primo? (1995), Nadia (1996), Il razzismo spiegato a mia figlia (1998), L’estrema solitudine (1999), L’albergo dei poveri (1999), La scuola o la scarpa (2000), Il libro del buio (2001), vincitore dell’International IMPAC Dublin Literary Award (2004), L’Islam spiegato ai nostri figli (2001), ripubblicato nel 2010 in una nuova edizione accresciuta, Jenin (2002), Amori stregati (2003), L’ultimo amico (2004), “La fatalità della bellezza”, in Notte senza fine. Amore, tradimento, incesto con Amin Maalouf e Hanif Kureishi (2004), Non capisco il mondo arabo (2006), Partire (2007), L’uomo che amava troppo le donne (2010), La rivoluzione dei gelsomini (2011), Fuoco (2012), L’ablazione (2014), È questo l’Islam che fa paura (2015), Racconti coranici (2015). Molti dei suoi romanzi sono stati pubblicati da La nave di Teseo come Matrimonio di piacere (2016), Il terrorismo spiegato ai nostri figli (2017), la nuova edizione di Il razzismo spiegato a mia figlia (2018) ed è in corso di pubblicazione, nei Delfini, tutta la sua opera narrativa.
Nella poesia di B.J. si ritrovano tutti i temi toccati nei romanzi e nei saggi: l’intera produzione poetica è raccolta in Poésie complète, 1966-1995 (trad. it. Stelle velate: poesie 1966-1995, 1998).
Ha conseguito lauree honoris causa e premi in tutto il mondo, tra i quali il Premio Flaiano (1996), il Premio Remarque (2011) e il Premio LericiPea Golfo dei Poeti “alla Carriera” (2015). Con il Premio Goncourt assegnatogli per La Nuit sacrée nel 1987, diventa lo scrittore francofono più conosciuto della Francia. Nel 2009 ha presieduto il Festival del Cinema di Roma.


Tahar Ben Jelloun is a Moroccan writer and poet, born in Fès in 1944 and currently living in Paris. He writes expressively about Moroccan culture, the immigrant experience, human rights, melancholy, nostalgia, and the anger against the bitter destiny that leads us to escape, to save ourselves, to emigrate and often to clandestinity too. He spends his adolescence in Tangier and completes his philosophy studies at the University of Rabat, where he begins to write his first poems in French and then to collect them in the collection Hommes sous linceul de silence (1971). In Morocco he had been a philosophy teacher for several years but, since he was not qualified to teach in Arabic language, after the Arabization of teaching he was forced to emigrate to Paris, where three years later he obtained a PhD in Social Psychiatry with a thesis was about the mental confusion of hospitalized immigrants.
His articles frequently appear in Italy and in other European countries, such as France, where he writes for “Le Monde”.
Thanks to the deep message of his book Racism explained to my daughter, he was awarded the Global Tolerance Award by the United Nations Secretary Kofi Annan.
His most important books include: Hommes sous linceul de silence (1971), Harrouda (1973), Solitaire (1976), French Hospitality (1984), The Sand Child (1985), The Sacred Night (1987), Silent Day in Tangiers (1990), With Downcast, Eyes (1991), State of Absence (1992), Corruption (1995), The Fruits of Hard Work (1996), Praise of Friendship (1996), L’Auberge des pauvres (1997), Racism Explained to My Daughter (1998), This Blinding Absence of Light (2000), Islam Explained (2002), La Belle au bois dormant (2004), The Last Friend (2006), Yemma (2007), Leaving Tangier (2009), A Palace in the Old Village (2010), Par le feu (2011), L’Ablation (2014), Le mariage du plaisir (2016).
His poetry collections include: The Rising of the Ashes (2009), L’Aube des dalles (1970), Les Cicatrices du soleil (1972), antonios sous linceul de silence (1972), Les Amandiers sont morts de leurs blessures (1976), Discours du chameau (1979), À l’insu du souvenir (1980), Marseille comme un matin d’insomnie (1983), Atteint de désert (1984), Poésie complète 1966-1995 (1995).
He holds honorary degrees and prizes all over the world, including the Flaiano Prize (1996), the Remarque Prize (2011) and the LericiPea Poetry Prize (2015). With the Goncourt Prize awarded to him for La Nuit sacrée in 1987, he became the best known French-speaking writer in France. In 2009 he chaired the Rome Film Festival.

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POESIE

42 –

“L’uomo saggio ci dice Montaigne-non perde mai niente
Se è se stesso”.
Impara ad accettare Senza perdere la sua dignità
Coltivando il suo giardino interiore
Dove la sua libertà lo innalza al rango della grande saggezza….
Ma quest’ uomo esiste solo nei sogni
Perché deve portare sulla schiena
Sul viso
Tra le mani
“Il marchio di tutta la condizione umana”
Pesante e poco amabile
L’umanità si soddisfa di poco
Accumula tradimenti e compromessi
È la storia dello scorpione che, in mezzo al guado,
Morde il rospo.

42 –

«L’homme sage, nous dit Montaigne, ne perd jamais rien
S’il est lui-même ».
Il apprend à accepter
Sans perdre sa dignité
Cultivant son jardin intérieur
Où sa liberté le hisse au rang de la grande sagesse
Mais cet homme n’existe que dans les songes
Car il doit porter sur le dos
Sur le visage
Entre les mains
« La marque de toute la condition humaine »
Lourde et peu aimable
L’humanité s’accommode de peu
Accumule trahisons et compromissions
C’est l’histoire du scorpion qui, au milieu du gué,
Pique le crapaud.

52 –

Il disprezzo lascia
Tracce invisibili
Sono avvolte in uno straccio
E riposte in un angolo della memoria
Quando si tenta di cancellarle
Risorgono ancora più vive
Si dice ” bisogna dimenticare”
Ma non si possono dare ordini
alle nostre ferite
Si dice “Bisogna perdonare”
Ma né il cuore né il fegato
obbediscono
Allora “bisogna conviverci”
Scalando una montagna
Stando sulla cima degli alberi
Perdersi nelle sabbie
Alla ricerca dell’ombra
Che tutto guarisce.

52 –

Le mépris laisse
Des traces invisibles
Elles sont enveloppées dans un chiffon
Et déposées
Dans un coin de la mémoire
Quand on essaie de les effacer
Elles ressurgissent encore plus vives
On dit « il faut oublier »
Mais on ne peut donner des ordres
A nos blessures
On dit « il faut pardonner »
Mais ni le caur ni le foie
N’obéissent
Alors «il faut vivre avec »
Escaladant une montagne
Séjournant au sommet des arbres
Se perdre dans les sables
A la recherche de l’ombre
Qui guérit de tout

54 –

Distruggere
Là e la loro vittoria:
Mausolei e marabutti
Stele ed epitaffi
Statue e ceramiche
Calpestare i morti
Cavar loro gli occhi
Rinnegare la memoria
Cancellare i secoli
Mostrare teste mozzate
Sono questi
I trofei della nuova barbarie
Annientare ‘istinto di vita e primavera
Mettere a fuoco l’umanità distrutta
Essi avanzano
Con l’alito fetido della crassa crudeltà
Sotto i loro sandali non cresce l’erba
Il sangue degli innocenti
E’ la loro religione.

54 –

Détruire
Là est leur victoire :
Mausolées et marabouts
Stèles et épitaphes
Statues et céramiques
Piétiner les morts
Leur crever les yeux
Eteindre la mémoire
Effacer les siècles
Exhiber des têtes coupées
Ce sont là les
Trophées de la nouvelle barbarie
Annihiler instinct de vie et printemps
Mettre le feu à l’humanité effrayée
Ils avancent
L’haleine fétide de la cruauté épaisse
Sous leurs savates aucune herbe ne repousse
Le sang des innocents
Est leur religion.