Evgenij Aleksandrovič Evtušenko

Considerato il maggiore poeta russo, Evgenij Evtušenko è nato in Siberia, nel 1932, ed è scomparso negli Stati Uniti nel 2017. È considerato uno dei poeti più significativi dell’Urss post-stalinista e di tutta una generazione di artisti che rivendicò maggiore libertà di espressione nella letteratura, puntando a ridurre la retorica di regime. Morto Stalin, il poeta si afferma soprattutto tra i giovani intellettuali del suo Paese, per poi diventare uno dei poeti più noti e amati di tutta l’Unione Sovietica, conosciuto e apprezzato da milioni di lettori. Nel 1960 è il primo russo a varcare la cortina di ferro e a recitare i propri versi in Occidente. Il suo poema Babij Jar (1961) ispira la Sinfonia n.13 di Dmitrij Šostakovič.
Nel 1957 sposa la poetessa Bella Achmadulina. Dal 1970 fa anche l’attore e il regista (tra i suoi film ricordiamo Giardino d’infanzia e Il funerale di Stalin). Nel 1991, deluso dal “nuovo corso” di Boris Eltsin che aveva inizialmente sostenuto, si trasferisce negli Stati Uniti e continua a vivere tra Mosca e Tulsa (Oklahoma), dove insegna Poesia e Cinematografia all’università.
Evtušenko ha esordito giovanissimo (Razvedčiki grjaduščego “Gli esploratori dell’avvenire”, 1952) sotto la suggestione della poesia di Majakovskij. Nelle liriche successive si è ispirato a motivi e problemi di attualità, scagliandosi spesso contro i burocrati e i carrieristi (I drugie “Anche gli altri”, 1962) e polemizzando con gli ammiratori postumi di Stalin (Nasledniki Stalina “Gli eredi di Stalin”, 1962). Nel 1963 pubblicò un’autobiografia che venne censurata dalla stampa sovietica. Le sue opere di maggior rilievo sono poemi dedicati alla sua terra siberiana (Stancija Zima “La stazione di Zima”, Feltrinelli 1956; Bratskaja GES “La centrale idroelettrica di Bratsk”, 1965). Inoltre: Idut belye snegi (“Cadono bianche le nevi”, 1969), Kazanskij universitet (“L’università di Kazan´”, 1970), Doroga nomer odin (“Strada numero uno”, 1972), Poet v Rossii bol´še čem poet (“Il poeta in Russia è più che poeta”, 1973). Nel 1981 ha scritto Jagodnye mesta (“Il posto delle bacche”, Einaudi, 1982), suo primo romanzo, a cui hanno fatto seguito Ardabiola (1991) e Ne umiraj prezde smerti (“Non morire prima di morire”, Baldini & Castoldi 1995). Ha scritto ancora Pamjatniki ne emigrirujut (“I monumenti non emigrano”, 2005); Stihi 21. veka (“Poesie del 21. secolo”, 2006). Tra i più importanti premi conseguiti durante la sua carriera ricordiamo: il Premio Etruria nel 1985, l’Art Prize Tsarskoselskaya nel 2003, il Premio Librex Montale nel 2006 e il Premio LericiPea “alla Carriera” nel 2012.


Considered one of the greatest Russian poet, Evgenij Evtušenko was born in Siberia in 1932, and died in the United States in 2017. He is considered one of the most significant poets of the post-stalin USSR and of a whole generation of artists who fought for their freedom of expression and to reduce the  regime rhetoric. When Stalin died, the poet becomes famous especially among the young intellectuals of his country, and then become one of the best-known and loved poets of the whole Soviet Union.
In 1960 he was the first Russian to cross the iron curtain and to read his verses in the West. His poem Babij Jar (1961) inspired Dmitrij Šostakovič’s Symphony No. 13.
In 1957 he married the Russian poet Bella Achmadulina. He was also an actor and director (among his films we remember The kindergarten and Stalin’s funeral). In 1991, disappointed by the “new course” of Boris Yeltsin, he moved to the United States and continued to live between Moscow and Tulsa (Oklahoma), where he was professor of Poetry and Cinematography.
Evtušenko made his debut when he was very young (Razvedčiki grjaduščego, “The explorers of the future”, 1952) under the suggestion of Mayakovsky’s poetry. In his later works, he was inspired by current motives and problems, often hurling himself against bureaucrats and careerists (I drugie “Also the others”, 1962) and arguing with Stalin’s admirers (Nasledniki Stalina “The heirs of Stalin”, 1962 ). In 1963 he published an autobiography which was censored by the Soviet press.
The awards achieved during his career include the Etruria Award in 1985, the Art Prize Tsarskoselskaya in 2003, the Librex Montale Award in 2006 and the LericiPea Poetry Prize in 2012.His works were translated into many languages. The ones translated into English include: Americans, Where is your President? (1964); Almost at the end (1985); Almost at the end (1987); The Collected Poems, 1952–1990 (1991); The Best of the Best: The Evening Rainbow (1999; also published as Evening Rainbow) and Walk on the Ledge: A New Book of Poetry in English and Russian (2005). His autobiographical novel Don’t Die Before Your Death (1994; also published as Don’t Die Before You’re Dead) treats the attempted coup against Mikhail Gorbachev in Soviet Russia in 1991.


POESIE

Vanno i fiocchi candidi

Vanno i fiocchi candidi
come scivolando su un filo…
Vorrei vivere, vivere al mondo,
ma, certo, non si può.

Di qualcuno le anime, dissolvendosi
laggiù, senza traccia,
come neve candida
salgono al cielo dalla terra.

Vanno i fiocchi candidi…
E io pure me ne andrò.
Non mi rattrista la morte
e l’immortalità non m’aspetto.

Non credo nel miracolo.
Non sono la neve, ne una stella,
e mai più sarò, mai, mai più.

E, peccatore che sono, penso:
chi dunque sono stato,
nella mia vita precipitosa
che cosa ho amato più della vita?

Ho amato la Russia
con tutto me stesso:
i suoi fiumi in piena
e coperti di ghiaccio,

il respiro delle sue casette,
il respiro delle sue pinete,
il suo Puskin, il suo Stenka
e i suoi vecchi.

Se la vita non è stata dolce,
non me la son presa troppo.
Che fa se ho vissuto da incoerente:
per la Russia ho vissuto.

Pieno di ansie segrete
io mi struggo nella speranza
di avere un tantino
aiutato la Russia

Che essa mi dimentichi pure,
senza affanno per me;
ma che essa rimanga
per sempre, per sempre…

Vanno i fiocchi candidi,
come andarono sempre:
al tempo di Puskin e di Stenka,
come andranno dopo di me.

Vanno i grandi fiocchi
di un biancore accecante,
di me e degli altri
spazzando via le tracce…

Non ho il potere di farmi immortale,
ma ho una sola speranza:
se la Russia vivrà,
con lei vivrò anch’io.

Идут белые снеги

Идут белые снеги,
как по нитке скользя…
Жить и жить бы на свете,
но, наверно, нельзя.

Чьи-то души бесследно,
растворяясь вдали,
словно белые снеги,
идут в небо с земли.

Идут белые снеги…
И я тоже уйду.
Не печалюсь о смерти
и бессмертья не жду.

я не верую в чудо,
я не снег, не звезда,
и я больше не буду
никогда, никогда.

И я думаю, грешный,
ну, а кем же я был,
что я в жизни поспешной
больше жизни любил?

А любил я Россию
всею кровью, хребтом –
ее реки в разливе
и когда подо льдом,

дух ее пятистенок,
дух ее сосняков,
ее Пушкина, Стеньку
и ее стариков.

Если было несладко,
я не шибко тужил.
Пусть я прожил нескладно,
для России я жил.

И надеждою маюсь,
(полный тайных тревог)
что хоть малую малость
я России помог.

Пусть она позабудет,
про меня без труда,
только пусть она будет,
навсегда, навсегда.

Идут белые снеги,
как во все времена,
как при Пушкине, Стеньке
и как после меня,

Идут снеги большие,
аж до боли светлы,
и мои, и чужие
заметая следы.

Быть бессмертным не в силе,
но надежда моя:
если будет Россия,
значит, буду и я.

Non t’amo più

Non t’amo più… È un finale banale.
Banale come la vita, banale come la morte.
Spezzerò la corda di questa crudele romanza,
farò a pezzi la chitarra: ancora la commedia perché recitare!

Al cucciolo soltanto, a questo mostriciattolo peloso, non è dato capire
perché ti dai tanta pena e perché io faccio altrettanto.
Lo lascio entrare da me, e raschia la tua porta,
lo lasci passare tu, e raschia la mia porta,
C’è da impazzire, con questo dimenio continuo…
O cane sentimentalone, non sei che un giovanotto…
Ma io non cederò al sentimentalismo.
Prolungar la fine equivale a continuare una tortura.
Il sentimentalismo non è una debolezza, ma un crimine
quando di nuovo ti impietosisci, di nuovo prometti
e provi, con sforzo, a mettere in scena un dramma
dal titolo Ottuso “Un amore salvato”.
È fin dall’inizio che bisogna difendere l’amore
dai “mai” ardenti e dagli ingenui “per sempre!”.
E i treni ci gridavano: “Non si deve promettere!”.
E i fili fischiavano “Non si deve promettere!”.
I rami che s’incrinavano e il cielo annerito dal fumo
ci avvertivano, ignoranti presuntuosi,
che è ignoranza l’ottimismo totale,
che per la speranza c’è più posto senza grandi speranze.
È meno crudele agire con sensatezza e giudiziosamente soppesare gli anelli
prima di infilarseli, secondo il principio dei penitenti incatenati.
E’ meglio non promettere il cielo e dare almeno la terra,
non impegnarsi fino alla morte, ma offrire almeno l’amore d’un momento.

È meno crudele non ripetere “ti amo”, quando tu ami.
È terribile dopo, da quelle stesse labbra
sentire un suono vuoto, la menzogna, la beffa, la volgarità
quando il mondo falsamente pieno, apparirà falsamente vuoto.
Non bisogna promettere… L’amore è inattuabile.
Perché condurre all’inganno, come a nozze?
La visione è bella finché non svanisce.
È meno crudele non amare, quando dopo viene la fine.
Guaisce come impazzito il nostro povero cane,
raspando con la zampa ora la mia, ora la tua porta.
Non ti chiedo perdono per non amarti più. Perdonami d’averti amato.

Я разлюбил тебя… Банальная развязка.

Я разлюбил тебя… Банальная развязка.
Банальная, как жизнь, банальная, как смерть.
Я оборву струну жестокого романса,
гитару пополам — к чему ломать комедь!

Лишь не понять щенку — лохматому уродцу,
чего ты так мудришь, чего я так мудрю.
Его впущу к себе — он в дверь твою скребется,
а впустишь ты его — скребется в дверь мою.

Пожалуй, можно так с ума сойти, метаясь…
Сентиментальный пес, ты попросту юнец.
Но не позволю я себе сентиментальность.
Как пытку продолжать — затягивать конец.

Сентиментальным быть не слабость — преступленье,
когда размякнешь вновь, наобещаешь вновь
и пробуешь, кряхтя, поставить представленье
с названием тупым «Спасенная любовь».

Спасать любовь пора уже в самом начале
от пылких «никогда!», от детских «навсегда!».
«Не надо обещать!» — нам поезда кричали,
«Не надо обещать!» — мычали провода.

Надломленность ветвей и неба задымленность
предупреждали нас, зазнавшихся невежд,
что полный оптимизм — есть неосведомленность,
что без больших надежд — надежней для надежд.

Гуманней трезвым быть и трезво взвесить звенья,
допрежь чем их надеть,— таков закон вериг.
Не обещать небес, но дать хотя бы землю.
До гроба не сулить, но дать хотя бы миг.

Гуманней не твердить «люблю…», когда ты любишь.
Как тяжело потом из этих самых уст
услышать звук пустой, вранье, насмешку, грубость,
и ложно полный мир предстанет ложно пуст.

Не надо обещать… Любовь — неисполнимость.
Зачем же под обман вести, как под венец?
Виденье хорошо, пока не испарилось.
Гуманней не любить, когда потом — конец.

Скулит наш бедный пес до умопомраченья,
то лапой в дверь мою, то в дверь твою скребя.
За то, что разлюбил, я не прошу прощенья.
Прости меня за то, что я любил тебя.